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La globalizzazione in Europa

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La geografia e la geopolitica sono a favore del Vecchio Continente

Si sa: gli europei hanno colonizzato il mondo. Si può affermare con assoluta certezza che c’è un po’ di europeismo in tutte le popolazioni del globo.

Recenti studi hanno infatti dimostrato che gli europei siano riusciti a raggiungere gli attuali USA attraverso la Siberia entrando così in contatto con gli Indiani d’America prima ancora della stagione delle scoperte geografiche e dell’era del colonialismo.

La geografia e la geopolitica sono a favore del Vecchio Continente: esso infatti si colloca al centro del planisfero.

L’interazione politica di lunghissimo periodo fra gli Stati che la compongono, hanno creato un concetto di europeismo ben definito. Ad oggi, questo concetto si ritrova sono l’egida dell’Unione europea.
Tuttavia, la Grande Guerra porta il crepuscolo nella stagione della centralità dell’Europa, mettendo in crisi il sistema delle colonie aprendo la strada ai giovanissimi Stati Uniti che ancora, in questo momento, si trovano nell’ aperta diatriba se permanere nella strada dell’isolazionismo o aprirsi al contesto internazionale all’insegna dei 14 punti di Wilson.

Di certo, in questo momento gli Stati Uniti rappresentano una speranza per un Vecchio Continente tutto da ricostruire sia sotto il punto di vista umano che economico. È questo il primo passo per stabilire quell’interdipendenza tanto politica quanto economica che caratterizzerà la vita europea per tutto il XX secolo, sebbene gli ideali wilsoniani non abbiano ancora convinto il Congresso statunitense, escludendo così il Paese dalla Società delle Nazioni.

Il secondo dopoguerra e le scelte degli europei intraprese durante il conflitto mondiale non hanno fatto altro che rafforzare la posizione degli Stati Uniti che nel frattempo si erano riusciti a ritagliare, determinando il rapporto di interdipendenza che denota il mondo atlantico.

Fondamentale cesura storica, sono gli anni Settanta. Fra il 1973 ed il 1979 vi sono due principali eventi che segnano un processo di mutamento nei rapporti fra USA ed Europa: il cambiamento, con Nixon e Kissinger, della politica estera americana nel contesto della Guerra Fredda con l’attuazione della Grande Distensione e la crisi petrolifera. La decisione dei Paesi dell’OPEC ha dato diverse ripercussioni: gli Stati Uniti non hanno subito così tanto quanto gli europei in questi ultimi non hanno solo a disposizione le risorse interne ma anche quelle dell’America Latina pertanto sono riusciti a fare fronte alla crisi con presupposti totalmente differenti rispetto all’Europa invece colpita in pieno dalla crisi vedendosi così i prezzi del petrolio vertiginosamente rialzati.

Nonostante tutto, nel frattempo, dal 1977 al 1979 l’amministrazione Carter ha dovuto intraprendere una rigida politica fiscale durante il quale è ottenuto di ridurre la stagflazione dal 13% al 3% annuo.
Tuttavia, la CEE non si è dimostrata pronta ad attuare una politica monetaria comune a causa dei problemi strutturali che non si sono ancora riusciti a superare: bisognerà aspettare il crollo del blocco sovietico e l’ingresso dell’euro.

In Europa, le sfide lanciate all’avvento della globalizzazione hanno creato una nuova consapevolezza nei lavoratori dovuta a tutta una serie di politiche di welfare dove il lavoro viene visto come un male necessario piuttosto che come l’aspetto primario nella vita di uomo. Forti di questa prerogativa, i lavorati del primo decennio del XXI secolo sono riusciti ad ottenere la settimana lavorativa di 35 ore settimanali.

Tutto questo prima della crisi del 2008.
Fra il 2008 ed il 2013, pertanto si sviluppa in Europa una nuova consapevolezza circa il lavoro. Il mutamento delle condizioni economiche ha spinto i giovano a spingersi e buttarsi nel mondo del lavoro rispetto alla preferenza dell’inoccupazione. Inoltre, l’estensione del Patto di Varsavia ha portato gli ex cittadini sovietici a volgersi verso i lavori usuranti che i giovani occidentali non vogliono più fare. Le politiche di welfare e il contenimento della crescita derivano sì dall’interdipendenza e dalla globalizzazione ma anche dal cambio di percezione dell’individuo nella società e nel lavoro.

A questo proposito è interessante sottolineare come per il decennio 2040-2050 si prospetti che il PIL della Cina possa superare quella di Stati Uniti ed Unione europea.

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