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Due miracoli nella provincia di Messina

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Messina dorme , se non marcia all’indietro, dentro l’incultura dominante e la progressiva perdita di posti di lavoro

Dal Prof. Giuseppe Rando riceviamo che volentieri pubblichiamo:

 

Messina dorme – se non marcia all’indietro, dentro l’incultura dominante e la progressiva perdita di posti di lavoro – , nonostante gli isolati (e mai troppo elogiati) tentativi di rinnovamento operati dai suoi figli più consapevoli, nonostante la singolare fioritura, nel suo territorio, di associazioni culturali, di quotidiani on line, di poeti, di artisti, di scrittori (anche ragguardevoli), e nonostante qualche sintomo di risveglio, magari “clamoroso”, proveniente dal mondo politico-amministrativo.

A maggior ragione, si resta viepiù ammirati dalla scoperta – è il caso di chi scrive – di due fenomeni artistico-culturali, appena fuori le mura, che scavalcano d’emblée i limiti angusti della provincia messinese e si proiettano decisamente nei terreni più avanzati della modernità.

Ci si riferisce, in particolare, alla “Scuola di Teatro Emozionale” di Fabio La Rosa, a Torregrotta, e al “Museo Epicentro” di Nino Abate, a Gala di Barcellona Pozzo di Gotto: due splendide realtà, dovute – come avviene da sempre in Sicilia – all’iniziativa di singoli, geniali intellettuali, sempre in lotta contro la sordità o, peggio, l’opposizione dei sistemi culturali vigenti, contro l’indifferenza delle maggioranze silenziose e/o contro l’invidia  accecante di colleghi più o meno fortunati.

È passata, infatti, sotto silenzio, nella stampa locale, la splendida “prima” messinese di Mal’amuri di Fabio La Rosa, nella grande piazza antistante il Municipio di Torregrotta, il 10 agosto u. s.: un dramma di eccezionale bellezza, che colloca – ci si lasci dire – Messina nel cuore della più avanzata attività teatrale contemporanea.

Personalmente, ho avuto modo apprezzare, con vivo compiacimento, i “tempi”, i ritmi che il regista, lo stesso La Rosa, coadiuvato da un cast di indubbio valore, ha saputo imprimere all’opera, nonché i temi (relativi alle varie forme dell’amore) portati sulla scena con grande maestria autoriale, attoriale e registica.

E così, una pièce nata con le movenze comico-burlesche di una farsa, in una  improvvisata casa di appuntamenti amorosi, si conclude con un vero, commovente  hymne à l’amour: una coppia di sposi si ricompone. dopo penosi fraintendimenti, e due fratelli scoprono il fortissimo – e a lungo dissimulato – legame di affetto che li ha tuttavia uniti nel corso della loro vita.

Il freschissimo dialetto messinese, mescidato egregiamente con  l’italiano medio, è uno dei punti di forza del testo. La felice combinazione, peraltro, di comico e drammatico, già risalente a Shakespeare, all’Alfieri “comico” (in quel capolavoro teatrale che è La Finestrina), e sperimentata recentemente da Benigni in La vita è bella, trova degna conferma in Mal’amuri, cui manca solo un passaggio in televisione per diventare, come merita, popolare. Messina dovrebbe andarne fiera.

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Sono stato ieri sera ospite del Museo Epicentro di Gala e non mi sono stancato di ammirare questo incredibile, fascinoso scrigno, che custodisce più di mille opere di artisti contemporanei, scolpite e/o impresse su altrettante mattonelle, secondo la geniale intuizione del barcellonese Nino Abbate: sito unico al mondo, invero, nel suo genere. Lo scultore stesso testimonia, sorridendo, l’entusiasmo e talvolta l’insistenza, con cui ha affidato ai vari artisti prescelti una sua mattonella, con la preghiera di imprimervi sopra un segno indelebile della loro personalità.

Guidato, quindi, dall’Architetto Rosario Cristelli, direttore del Museo, ho avuto modo di esaminare, da vicino, alcune delle più significative testimonianze della pittura e della scultura contemporanea, riempiendomi – in poco tempo – gli occhi e la mente di bellezze assolute e riassaporando, a tratti, la cifra stilistica dei pochi, grandi artisti che, da dilettante d’arte come sono, ho la ventura di conoscere. Ho poi potuto visitare, insieme con la poetessa Salva Mostaccio, compagna nella vita e nell’arte di Nino Abbate, il “Giardino di Salva”, ricavato, tra scoscesi dirupi circostanti, dal marito, e riempito di piante e sculture policrome – anche una splendida Gatta salva (salvata da un proditorio incendio), in pietra bianca – dello stesso Abbate: un angolo di Sicilia davvero incantevole.

L’incontro è stato egregiamente curato da Patrizia Zangla, docente nei licei e studiosa accreditata di storia contemporanea, che ha scritto, per l’occasione, un agile, brillante  volumetto, Nino Abbate, il suo folle volo,  e che ha intrattenuto gli ospiti (non molti) entusiasti con una coinvolgente relazione sui tempi e i modi dell’impresa ideata e realizzata da Nino Abbate.

Certo, lo  scultore barcellonese, in fondo autodidatta, ha talvolta precorso i tempi, come nota il direttore Cristelli, scegliendo, per la sua aurea collezione, anche artisti pressoché sconosciuti che sarebbero stati raggiunti, più tardi, dalla fama. Se non è un miracolo questo, cosa sono i miracoli

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