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La Medea di Euripide travolge il pubblico di Siracusa

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Triste è il destino di Medea: innamorata di Giasone, viene lei stessa umiliata e abbandonata da quell’eroe greco che non ci pensa due volte ad unirsi con un’altra donna per celebrare nozze a lui più favorevoli; esiliata dal re di Corinto, Creonte, per paura che possa commettere malefici contro la sua famiglia, si vendica uccidendo la figlia del suddetto, promessa sposa di Giasone, non prima però di avere garantita l’ospitalità dalla città di Atene nella persona di Egeo. Ma poi va oltre, chiede di restare soltanto un giorno in più e, nel frattempo, medita la vendetta nel modo più atroce che possa esistere: togliere la vita ai figli avuti da Giasone con una lucidità tale da far rabbrividire.
Medea, interpretata da una strepitosa Laura Marinoni, è una straniera in terra ellenica. Originaria della Colchide, ripudia la patria per aiutare Giasone e gli Argonauti nell’impresa della conquista del vello d’oro: colta da insana passione, non si fa scrupoli ad uccidere il fratello ricorrendo alle arti magiche.
Ferma nella decisione di salvare l’onore, nulla sembra in grado di placare l’astio che serba nel cuore; ferocemente disumana e razionalmente lucida, prorompente è il suo canto di dolore per l’ingiusta offesa ricevuta, e non teme di mostrare il lacerante conflitto che rischia di mandare in fumo il suo piano, catturata dal rimorso di ciò che sta per compiere. Ha la meglio però l’istinto primigenio, simboleggiato sulla scena dalla testa di un’aquila a coprirle il volto.
Aspro è il primo confronto con il freddo e calcolatore Giasone, più mite il secondo, nel quale il marito traditore vuole convincerla ad assecondare il progetto di seconde nozze più convenienti per il bene di tutta la famiglia.
Una parte del piano si compie allorquando la donna decide di inviare dei doni alla figlia di Creonte, Glauce: un mantello e una corona intrisi di veleno, portati dai figli di Medea e Giasone, ignari latori di morte. Non resistendo alla tentazione di indossarli, Glauce morirà tra atroci sofferenze assieme al padre Creonte che tenta di salvarla.
Ora è tutto pronto per l’ultimo atto, il più cruento: per sottrarre i figli ad una morte certa, la maga, non senza tribolazioni, decide di ucciderli per punire il marito che, volutamente, lascia vivo.
La scena, che non può essere rappresentata, secondo le convenzioni del teatro greco che proibiva di rappresentare qualsiasi atto potesse generare paura o ribrezzo agli occhi del pubblico, si tinge di rosso ed il coro intona un canto di morte, squarciato dalle urla struggenti dei fanciulli. Infine, il silenzio.
È la fine per Giasone che, a questo punto, irrompe sulla scena e apprende la notizia dello sterminio della prole. Troppo tardi ormai, perché Medea è seduta sul carro del sole diretta ad Atene, giganteggia vestita in abiti dorati sul fedifrago che, inutilmente, la ricopre di insulti e maledizioni.

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