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Mare e amore per la Sicilia a S. Vito Lo Capo

S. Vito Lo Capo
Tra Cous Cous Festival, Tempu Ri Capuna, la storia di San Vito.

Tra Cous Cous Festival, Tempu Ri Capuna, la storia di San Vito.

S. Vito Lo Capo, collocato nella Sicilia Occidentale, in provincia di Trapani, terra baciata dal sole, è ricca di testimonianze archeologiche.

Le abitazioni risalgono ad ottomila anni fa nel periodo Mesolitico con l’homo sapiens sapiens.

È stata crocevia di traffici marittimi nei secoli prima e dopo la nascita di Cristo e traguardo di pellegrini durante il Cristianesimo. Il Comune di San Vito lo Capo, nato nel 1952, quando la Regione Sicilia verificò le caratteristiche, lo svincolò dal governo della città di Erice, nel cui territorio si addossava. Come è stato appurato, il paese di San Vito è nato limitrofo all’omonimo Santuario, con procedimenti edilizi nel corso dei secoli. Intorno all’anno 300 è stata creata una piccola cappella dedicata a San Vito Martire, patrono del paese. Si narra che il giovane Vito, patrizio di Mazara del Vallo, figlio di un alto funzionario di Roma, fosse fuggito dalla sua città natale con la nutrice Crescenzia e l’istitutore Modesto. Costoro lo avevano convertito al cristianesimo, ma per sottrarsi alle persecuzioni ordinate da Diocleziano, attraversò varie peripezie. Pare che dopo due giorni di navigazione, una tempesta avrebbe costretto la nave di Vito ad approdare in un golfo riparato dal vento e da un capo roccioso, noto ai marinai, come Egitorso o Egitollo. In quel luogo avrebbero iniziato l’evangelizzazione per convertire gli abitanti del villaggio Conturrana. Quest’ultimo era posto a tre chilometri dal mare, nella parte inferiore di un’alta rocca. Vito, Modesto e Crescenzia non riuscirono con gli abitanti del villaggio all’evangelizzazione.

Furono minacciati e mandati via. Intanto una gigantesca frana, seppellì il villaggio con i suoi abitanti, come per castigo di Dio. A quasi cento metri dalla frana, in contrada Valanga, mistero di Conturrana, sorge la cappella dedicata a Santa Crescenzia, costruita dagli abitanti di Erice nel XVI secolo. Racconta “vox populi” che qui si trovassero Vito e la nutrice, quando l’ira divina distrusse il villaggio. Sotto i massi crollati in contrada Valanga sono stati ritrovati frammenti di ceramica e utensili.

È probabile che il villaggio sia realmente esistito, come dagli scritti di Cicerone, e Tolomeo. A volte controverse opinioni farebbero confondere il luogo con Scopello o Segesta, considerato che possa essere stato distrutto da un meteorite, precipitato sulla cima della montagna, presso Custonaci, dove esiste un’enorme voragine estesa da un meteorite di notevoli dimensioni. Il passaggio di S. Vito e Crescenzia da Capo Egitarso, con crudeli persecuzioni, ha originato ampia commozione nei siciliani. Vito morì nel 299, quasi ventenne e così venne costruita la prima cappella in suo onore. Nel tempo la cappella subì diversi interventi, ingrandita e abbellita. Numerosi i pellegrini che venerano ancora oggi San Vito Martire.

Esistono documenti originali nell’Archivio di Erice che affermano l’esistenza di una chiesa nel 1241. La si deve ai fedeli di Erice, della cui “Universitas” (Montis Sancti Juliani) il territorio sanvitese faceva parte. Intorno ad essa disabitato, così i pellegrini erano costretti a dormire nelle tende e all’aperto. La Costruzione originaria, che avrebbe lasciato il posto all’attuale santuario, nacque attorno alla chiesa. Fu fortezza, alloggio e ospitalità per i pellegrini e risale alla fine del 1400 per difendersi dai banditi, dai corsari e barbarie. Il capolavoro si deve alla fede e alle risorse degli abitanti di Erice. La torre quadrata del Santuario e fortezza è stata realizzata intorno al 1600. La roccaforte era dotata di alloggi per i nobili e umili stanze per la povera gente. Aveva stalle ed un pozzo denominato “di Santo Vito”. La popolarità dei miracoli è attribuita al Martire San Vito e alla Santa Crescenzia, a cui ci si rivolgeva per liberarsi dalle paure. Le punizioni “divine”, come tempeste e naufragi, pare che si sarebbero abbattute sui corsari e infedeli. Forse punizioni per aver saccheggiato il Santuario e depredato. Affluenza sempre più folta ha richiamato le folle, per cui nei primi del 1700 furono costruite le prime case confinanti con l’edificio. In principio capanne per i fedeli in transito. In seguito le famiglie si fermavano, forse per offrire, dietro compenso, vitto e alloggio ai pellegrini. Verso la fine del ‘700 attorno alla chiesa esistevano abitazioni e nasceva il paese. Dal 1789 al 1791 si proseguì con il pagamento di un tributo di beni patrimoniali delle università del Regno. Le terre censite vennero affidate in enfiteusi, con l’obbligo per i beneficiari di stabilirsi nelle vicinanze. Le tre contrade, in cui i Giurati ericini avevano diviso il territorio: San Vito, Macari, Castelluzzo, diventarono borghi abitati. Ai primi contadini negli anni successivi altri ne susseguirono dai territori di Erice. Dopo arrivarono a San Vito i pescatori, attratti dalla molteplice pescosità del mare. Erano giunti da levante, dalle marine palermitane di Cinisi, dall’Isola delle Femmine, da Capaci. La carenza di un mercato locale, la difficoltà di diffondere il pescato sui mercati “cittadini” troppo lontani, via terra che per mare, ha tenuto i pescatori subordinati ai contadini. Questo corrispondenza oggi si è capovolta. Per 160 anni il Comune di Erice ha amministrato il territorio “sotto Comune”. Nel 1952 la legge regionale ha portato San Vito a Comune autonomo, con le frazioni di Makari(di recente più conosciuta per una famosa fiction portata alla ribalta dal bravissimo attore Claudio Gioè) e Castelluzzo. San Vito Lo Capo, tra il Monte Monaco da un lato e la rocciosa Piana dell’Egitarso oggi è uno dei punti di ingresso alla stupenda Riserva Naturale dello Zingaro. La natura è uno degli elementi di richiamo della zona, come l’antica tonnara, la cappella moresca e il romantico faro borbonico. Attrazione turistica di San Vito Lo Capo è il succulento cous cous e il Cous Cous Fest che si svolge ogni anno a settembre.

La Riserva Naturale dello Zingaro si trova tra San Vito Lo Capo e Castellammare del Golfo e rappresenta una delle mete trekking più famose d’Italia. La spiaggia di San Vito Lo Capo è un arenile di sabbia fine lungo circa 3 km e piuttosto largo, splendida posizione ai piedi del Monte Monaco. Paesaggio di rara bellezza si raggiunge facilmente dal centro storico attraverso una piacevole passeggiata. Zone libere intervallate da aree attrezzate, dotate di servizi, bagni e docce, noleggio ombrelloni e sdraio, bar e ristoranti. Le sue acque affluiscono armoniosamente, che con assenza di correnti sono ristoro per nuotatori principianti e famiglie. Gli esperti e sub, tuttavia, si inoltrano al largo negli incantevoli fondali. A 4 km da San Vito Lo Capo si trova Cala del Bue Marino, dichiarata nel 2015 “spiaggia più bella d’Italia”, in un web lanciato da Legambiente, grazie alla bellezza del suo paesaggio roccioso e del suo mare cristallino. La baia di Santa Margherita è una piccola spiaggia selvaggia, bagnata da acque trasparentissime, con una vista meravigliosa sul Monte Cofano e sulle falesie di Cala Mancina. La spiaggia si può raggiungere con un trenino turistico, che unisce Santa Margherita alla riserva naturale del Monte Cofano e permette la visita a tutta la scogliera, con spiagge e calette. L’internazionalità conviviale del famoso piatto tipico trapanese è il cous cous di San Vito Lo Capo. Prelibato piatto a base di pesce da gustare nei ristoranti della zona. A quest’arte gastronomica sanvitese è dedicato un importante festival internazionale, noto a livello mondiale. È ritenuto celebrazione della cucina tradizionale e completamento tra popoli di diverse culture. Degustazioni, cooking show con chef prestigiosi, lezioni di cucina, concerti gratuiti, incontri con ospiti famosi. Chef internazionali si sfidano in ricette magistrali. I maestri vengono esaminati da una giuria tecnica di cuochi professionisti e giornalisti del settore enogastronomico, visionati da una giuria popolare. Da non dimenticare la festa gastronomica Tempu Ri Capuna, altra rassegna dedicata alla pesca e al capune (capone), pesce azzurro di San Vito Lo Capo. Si può ritenere un’occasione per scoprire tradizioni e leggende legate al mare. Sono molti gli italiani e turisti stranieri, che attraverso le vaccinazioni e il green pass hanno deciso di assaporarne profumi e delizie.

Sono in tanti gli italoamericani che attratti dal maestoso paesaggio tra mare e monti, dall’archeologia delle riserve e dalle deliziose spezie della cucina sanvitese ogni anno tornano in loco. Il paese è stato più volte sponsorizzato anche in America, nella trasmissione Sabato italiano di Radio Hofstra University di New York, dalla leader presentatrice del programma, Cav. Josephine Buscaglia Maietta, che insieme ai fedeli radiospettatori siciliani ha elogiato ed encomiato le bellezze di un pezzo della sua amata Trinacria. San Vito potrebbe essere, perciò, definito “il paese dove l’amore per la Sicilia non muore mai”.

 

 




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