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Un Carnevale tutto siciliano

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Nel periodo che precede la Quaresima ogni uomo diviene uno specchio e chi si riflette rivede l’immagine di un’infanzia mai dimenticata.

Le feste Carnascialesche momento di socialità e culturalità

Il Carnevale in Sicilia viene ritenuto da tanti momento di dissolutezza, al limite della normale gaiezza, della fastosità.

 

È d’uso dai tempi remoti il travestimento, che festeggia questa festa birichina, di grandi e piccini con coriandoli, cotillons, infiorate.
Con il tempo i festeggiamenti legati alla profana manifestazione si sono tinti di folklore. In molti luoghi i divertimenti si protraggono dal giorno seguente delll’Epifania fino alla Quaresima.

 

A causa di un terribile terremoto del 1693 la durata del ciclo di letizia parte dal giovedì, detto “grasso”(per la carne di maiale che è in uso mangiare) e finisce il martedì prima del mercoledì delle Ceneri, giorno di astinenza dal cibo. Carnevale, esempio di trasgressione, si ricollega al latino “Carnem Levare”, divieto ecclesiastico di consumare carne nel periodo della Quaresima. Le origini della festa, considerata pagana, sono antichissime. Il momento, in cui si svolge, fa pensare alla festa ateniese a sfondo dionisiaco delle Antesterie (fine di febbraio). Si ricollega a quella ellenistica che si basa sulla processione del carro- nave di Iside che anticamente si svolgeva agli inizi di marzo e soprattutto ai Saturnali latini.

 

 

Fonti storiche sul Carnevale siciliano si rifanno al 1600, a Palermo. Costumi e maschere sì susseguivano per evadere dalla routine e dalla quotidianità. Già esistevano in Sicilia danze sui generis, quella “degli schiavi”, in cui i partecipanti, con abiti da schiavi, ballavano lungo le vie al suono di strumenti. Vi erano quelli turchi, i tamburi ed anche i “Balla-Virticchi”. Chi aderiva era travestito da Pigmeo, popolo stanziato in Africa tropico-equatoriale, caratterizzato dalla bassa statura (sotto i 150 cm). Le maschere siciliane più caratteristiche del passato erano quelle dei ”Jardinara” (giardinieri) e dei ”Varca” a Palermo, mentre quelle dei ”briganti” e “cavallacciu”, nel catanese. Altre maschere erano la parodia di imponenti rappresentanti delle classi sociali, gli Abbati, i ”Dutturi”, i ”Baruni”. Il Carnevale di Sciacca è considerato tra i più conosciuti.

 

Di solito il giovedì grasso vengono affidate le chiavi della città alla maschera siciliana di “Peppe Nappa“.
Poi continuano balli e canti tradizionali.

 

Peculiare il martedì grasso in cui il carro di Peppe Nappa viene bruciato, per indicare la fine di ciò che è negativo e l’inizio di un nuovo periodo propiziatorio. Il Carnevale di Misterbianco, insieme a quello di Acireale risultano tra i più singolari della Sicilia.
Molti i carri allegorici realizzati con maschere-parodie di politici, artisti dello spettacolo e cultura. Anche in queste manifestazioni Carnascialesche la Sicilia si autocataloga “isola di artisti”. Se è vero che il sogno dei piccoli diventa realtà indossando i costumi di Carnevale, lo stesso sembra durare poco, ma rinnovarsi annualmente.

 

È ovvio che in Pandemia le misure per i distanziamenti hanno dettato nuove regole. Nel periodo che precede la Quaresima ogni uomo diviene uno specchio e chi si riflette rivede l’immagine di un’infanzia mai dimenticata.

 

In tutto ciò gli emigrati, sparsi per il mondo, scorrono le pagine di un libro dei ricordi italiani, che non hanno mai abbandonato. È per questo che il simbolo del Carnevale siciliano rappresenta per tutti un momento di socialità, interpretazione di sè stessi e multiculturalità. Sono le nostre tradizioni e le nostre radici, che arricchiscono il cuore e la mente di chi vuole rimanere per sempre l’eterno fanciullo.




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